Infermiere Scolastico: chi è e cosa fa

ANABO

L’Europa non ha dubbi: fermo restando tutte le misure sanitarie dei singoli Paesi, la Scuola, per la sua riapertura indicata anche dal Governo Italiano tra le priorità assolute, deve avere un’organizzazione in grado di prevenire e assistere eventuali problemi degli alunni che riprenderanno le lezioni a settembre. Siano essi legati alla pandemia o no. E per farlo l’ECDC (il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie) ha già messo a punto un documento con precise indicazioni valide per tutti, con ciò che servirà e la scuola preveda al suo interno per far fronte alla problema.

Secondo il documento lo staff delle scuole deve includere ovviamente insegnanti, amministratori e dirigenti, custodi, personale delle pulizie e della cucina e altri adulti che lavorano in ambienti educativi e di assistenza all’infanzia e che siano opportunamente preparati.

Chi non è l’infermiere scolastico

L’Infermiere Scolastico non serve solo alla prevenzione del SARS-CoV-2, ma anche al controllo dei bambini con problemi di cronicità, diabetici, asmatici, epilettici ecc., compito questo che fa già parte delle caratteristiche proprie della professione infermieristica a cui si aggiunge ora la indispensabile tutela della salute nella pandemia. Sottolinea l’ECDC, se una scuola è servita da un professionista sanitario (e fa l’esempio proprio dell’infermiere scolastico), questo dovrebbe avere accesso a dispositivi di protezione individuale (DPI) appropriati e aver ricevuto formazione per il loro uso rispetto a sintomi compatibili con SARS-CoV-2.

Sarebbe anche prudente che gli amministratori scolastici e gli operatori sanitari che operano nella scuola prendano accordi preventivi per inviare possibili casi di SARS-CoV-2 a una struttura sanitaria per i test e/o il trattamento.

Riapertura delle scuole in Europa: puntare sull’Infermiere Scolastico

ECDC (il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie) e Istituto superiore di Sanità insomma parlano chiaro per la riapertura delle scuole.

Il primo ponendo tra gli organici degli istituti per il controllo sanitario l’infermiere scolastico, figura già istituita per legge in Spagna, diffusa regolarmente negli Stati Uniti e comune a molti altri paesi europei.

Il secondo prevedendo che, ferme restando le competenze di diagnosi e cura dei medici, sia identificato un referente scolastico per il SARS-CoV-2 adeguatamente formato, che tenga un registro degli eventuali contatti tra alunni e/o personale di classi diverse, richieda la collaborazione dei genitori per misurare ogni giorno la temperatura del bambino e segnali eventuali assenze per motivi di salute riconducibili al SARS-CoV-2.

L’ISS lo identifica dal punto di vista della salute anche tra assistenti sanitari, infermieri, medici presenti nei dipartimenti di prevenzione con il compito, in collegamento funzionale con i medici curanti degli alunni, di supportare la scuola e i medici curanti per le attività del protocollo per l’assistenza a scuola. Il referente farà da riferimento per un contatto diretto con il dirigente scolastico o un suo incaricato (referente scolastico per SARS-CoV-2) e con il medico che ha in carico il paziente.

Ciò che in Europa fanno, appunto gli infermieri

La proposta della FNOPI è dotare ogni istituzione scolastica (la sede principale della scuola: in Italia sono poco meno di 9mila e raccolgono i circa 57mila istituti di istruzione statali e parificati del Paese) di un infermiere scolastico con un ruolo proattivo rispetto alla salute degli alunni. Un infermiere che di fatto c’è già: è l’infermiere di famiglia e comunità.

In sostanza l’infermiere scolastico, in questa veste, sarà presente nei plessi e potrà agire proattivamente e non solo su chiamata per verificare la corretta applicazione delle misure anti-COVID, ma anche la salute e i bisogni assistenziali degli alunni (e del personale docente) non-COVID (in Italia ci sono circa 246mila alunni con disabilità che necessitano di assistenza), allertando e attivando in caso di necessità il medico del dipartimento di prevenzione a cui il plesso scolastico fa riferimento.

La funzione dell’infermiere scolastico così organizzato non è un nuovo ruolo da inserire, ma una componente di quello dell’infermiere di famiglia e comunità introdotto dal Patto per la Salute e dal decreto Rilancio, proprio per la caratteristica di “comunità” delle scuole. Oltre all’assistenza, coordina e supervisiona le persone che fanno parte della rete assistenziale della comunità, opera in sinergia con le organizzazioni, i Mmg e gli altri professionisti, collabora con il medico di medicina generale, con i professionisti di servizi socioassistenziali e il volontariato, progetta e attiva iniziative di promozione della salute, applica strategie e metodi educativi a gruppi di persone, per il miglioramento di abitudini e stili di vita e per il self-management.

L’infermiere scolastico promuove la salute: aiuta gli individui ad avere i mezzi e le conoscenze per un maggior controllo sul loro livello di salute. Avere un professionista infermiere a scuola garantisce il rispetto dei diritti di tutela alla salute e diritto allo studio; trasmette una maggiore sicurezza ai genitori che vedono preso in carico globalmente il proprio figlio e si riduce l’assenteismo dovuto alla somministrazione delle terapie.

Secondo l’American Academy of Pediatrics gli infermieri scolastici moderni, valutano i problemi di salute, assistono gli studenti con speciali esigenze di assistenza sanitaria, partecipano alla gestione delle emergenze e delle situazioni urgenti, gestiscono lo screening sanitario, l’immunizzazione e la segnalazione di malattie infettive, identificano e gestiscono i bisogni di assistenza sanitaria cronica. Inoltre, gli infermieri scolastici sono i principali operatori sanitari per gli studenti che vivono in aree rurali e disagiate a cui manca l’accesso all’assistenza sanitaria e svolgono un ruolo fondamentale nella comunità per identificare bisogni sanitari insoddisfatti e favorire la relazione tra salute e istruzione.

Indicazioni operative per la gestione di casi e focolai di SARS-CoV-2 nelle scuole e nei servizi educativi dell’infanzia

Identificare un referente scolastico per il SARS-CoV-2 adeguatamente formato, tenere un registro degli eventuali contatti tra alunni e/o personale di classi diverse, richiedere la collaborazione dei genitori per misurare ogni giorno la temperatura del bambino e segnalare eventuali assenze per motivi di salute riconducibili al SARS-CoV-2.

Sono alcune delle raccomandazioni contenute nel rapporto “Indicazioni operative per la gestione di casi e focolai di SARS-CoV-2 nelle scuole e nei servizi educativi dell’infanzia” messo a punto dall’ISS, Ministero della Salute, Ministero dell’Istruzione, INAIL, Fondazione Bruno Kessler, Regione Veneto e Regione Emilia-Romagna, che contiene anche i comportamenti da seguire e le precauzioni da adottare nel momento in cui un alunno o un operatore risultino casi sospetti o positivi.

Il documento prevede come interfacce nel Ssn che i dipartimenti di prevenzione identifichino figure professionali – referenti per l’ambito scolastico e per la medicina di comunità (PLS/MMG) all’interno del DdP (a titolo puramente esemplificativo assistenti sanitari, infermieri, medici) che, in collegamento funzionale con i medici curanti di bambini e studenti (PLS e MMG), supportino la scuola e i medici curanti per le attività di questo protocollo e che facciano da riferimento per un contatto diretto con il dirigente scolastico o un suo incaricato (referente scolastico per SARS-CoV-2 e con il medico che ha in carico il paziente.

Il documento, di taglio operativo, descrive le azioni da intraprendere nel caso un alunno o un operatore scolastico abbia dei sintomi compatibili con il SARS-CoV-2, sia a scuola che a casa. Ad essere attivati saranno il referente scolastico, i genitori, il pediatra di libera scelta o il medico di medicina generale e il dipartimento di Prevenzione, in cui operano gli infermieri di famiglia e comunità secondo il decreto Rilancio. Se ad esempio un alunno manifesta la sintomatologia a scuola, le raccomandazioni prevedono che questo vada isolato in un’area apposita assistito da un adulto che indossi una mascherina chirurgica e che i genitori vengano immediatamente allertati ed attivati.

Il documento sottolinea che è difficile stimare al momento quanto la riapertura delle scuole possa incidere su una ripresa della circolazione del virus in Italia. In primo luogo – scrivono gli esperti –, non è nota la trasmissibilità di SARS-CoV-2 nelle scuole. Più in generale, non è noto quanto i bambini, prevalentemente asintomatici, trasmettano SARS-CoV-2 rispetto agli adulti, anche se la carica virale di sintomatici e asintomatici, e quindi il potenziale di trasmissione, non è statisticamente differente.

Questo non permette una realistica valutazione della trasmissione di SARS-CoV-2 all’interno delle scuole nel contesto italiano. Non è inoltre predicibile il livello di trasmissione (Rt) al momento della riapertura delle scuole a settembre. È previsto che il documento venga aggiornato per rispondere alle esigenze della situazione e alle conoscenze scientifiche man mano acquisite.

Infermieri per la sicurezza a scuola. Lo chiedono anche i Pediatri di libera scelta

I pediatri di famiglia della Fimp hanno colto il senso della proposta della Federazione nazionale degli Ordini degli infermieri (FNOPI): le famiglie affidano a loro la cura dei propri figli scegliendo lo specialista di fiducia e occorre, come spiega la stessa Fimp che li rappresenta, che i Dipartimenti di Prevenzione individuino figure di raccordo tra la scuola, la famiglia e il medico curante, come gli infermieri di comunità per garantire che la salute abbia una vera e piena tutela.

Protocollo d’intesa con la Federazione italiana diabete giovanile

Nell’ottica dell’assistenza scolastica ai bambini fragili, la FNOPI ha sottoscritto un protocollo d’intesa con la Federazione italiana diabete giovanile perché, per implicita ammissione della Federazione diabete giovanile, appunto, i bambini con diabete TIPO 1 a scuola non posso essere seguiti da una maestra o dagli insegnati nei loro bisogni legati alla patologia (insulina e somministrazione di farmaci, ma non solo), sia da punto di vista della responsabilità dei docenti, sia per la sicurezza della salute dei discenti.

Il protocollo nasce perché nell’ambiente scolastico sia garantita la necessaria assistenza sociosanitaria e anche la corretta informazione e sensibilizzazione sulla malattia. Il mondo della cronicità in età pediatrica è un’area in progressiva crescita che comporta un notevole impegno di risorse nella continuità assistenziale e una forte integrazione tra i servizi sanitari e quelli sociali.

In Italia sono 3 milioni i bambini affetti da patologie croniche, oltre 20.000 affetti da diabete di TIPO 1 e molti di questi in età scolare.

Nel panorama normativo nazionale manca attualmente riconoscimento adeguato del fenomeno delle patologie croniche che interessano i bambini e gli adolescenti. È necessario garantire a tutti ai bambini e adolescenti che risultino affetti da patologie croniche, e non in grado di gestirle autonomamente nell’ambiente scolastico, il diritto ad usufruire dell’assistenza socio-sanitaria di cui necessitano durante l’orario di lezione, godendo di un servizio assimilabile all’assistenza domiciliare.

Uno dei punti chiave del documento è sicuramente il principio della de-medicalizzazione, che prevede una valorizzazione di tutte le figure professionali, in primo luogo quelle infermieristiche, coinvolte nella gestione della malattia sul territorio e necessarie per dare risposta adeguata alla multidimensionalità della patologia diabetica e che, attraverso adeguati processi formativi, gestiranno follow-up autonomi in seno a piani di cura definiti dallo specialista con il coinvolgimento attivo del bambino, della famiglia e del pediatra di libera scelta.

L’infermiere adeguatamente formato che si prende cura del bambino nel momento della somministrazione dell’insulina a scuola, assume un ruolo educativo di fondamentale importanza nel percorso di crescita che accompagnerà il bambino verso l’autonomia e l’autogestione.

L’infermiere rappresenta il punto di riferimento e il collegamento tra le varie organismi (scuola, centro di diabetologia, ASI, associazioni dei pazienti) e la famiglia.

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