Il personale 118 incide dal 75 all’89% dei costi e la colpa è del blocco del turn over

ANABO

Il mancato ricambio incide infatti su anzianità media di servizio, straordinari e turni aggiuntivi facendo lievitare i costi per stipendi e indennità. Mentre i risparmi possono provenire da centrali di acquisto e bandi di gara unici. Lo studio condotto da Fiaso con l’Università di Trento per l’individuazione di costi standard ottimali. Analizzati i servizi di quattro regioni italiane.

La spending review passa dalle enunciazioni astratte al concreto del servizio di soccorso con ambulanze e autovetture. È questo il risultato del Laboratorio “Servizi di emergenza territoriale 118” che la FIASO (la Federazione di ASL e Ospedali pubblici) ha promosso con la collaborazione scientifica dell’Università di Trento, di cui oggi vengono presentati i risultati. Lo studio ha calcolato infatti i costi standard, ovvero il costo che un servizio o prodotto dovrebbe avere in condizioni di efficienza, per tutti i servizi di soccorso con autovettura e autoambulanza (in gergo UOM, Unità Operative Mobili), comprendendo tutte le variabili che permettono al 118 di funzionare: personale, manutenzione, attrezzature. Protagonisti della ricerca sono stati i servizi di emergenza di quattro Regioni: Lazio, Lombardia, Basilicata ed Emilia-Romagna, per un totale di oltre 20 milioni di potenziali utenti.

Le regioni italiane hanno da sempre Sistemi 118 diversi – spiega Alberto Zoli, Direttore Generale dell’AREU Lombardia e Responsabile Scientifico del Laboratorio – e dunque è stato necessario, come primo passo, individuare le caratteristiche dei quattro sistemi regionali che hanno partecipato al Laboratorio. Ci sono Regioni in cui il sistema di soccorso è organizzato su base provinciale, mentre in altre (Lazio e Lombardia) è affidato ad Aziende regionali; allo stesso modo in alcune realtà c’è un’elevata presenza di Associazioni, Enti e Cooperative del soccorso, mentre in altre si utilizza per lo più personale dipendente.

Lo studio si è poi concentrato sull’attività di soccorso con ambulanze e autovetture individuando i rispettivi “costi di riferimento”, ovvero il valore assegnato al consumo di risorse (fattori produttivi) da sostenere per garantire il soccorso sanitario. Per ogni singolo tipo di autoambulanza e autovettura, prendendo in considerazione tutti i possibili allestimenti, le dotazioni e il personale di volta in volta a disposizione, è stato calcolato un costo unitario standard, per ora di lavoro così come per anno, effettuando poi delle simulazioni per valutare la congruenza degli standard calcolati rispetto ai costi effettivamente sostenuti dalle organizzazioni sperimentatrici.

Il costo standard: una struttura labour intensive

Il calcolo dei costi standard è avvenuto prendendo in considerazione l’incidenza dei singoli fattori produttivi sul costo totale del servizio, tenendo conto anche del trend di spesa storica per ogni elemento e delle previsioni di spesa future. In particolare, per quanto riguarda i costi diretti del personale si è utilizzato il valore medio del costo contrattuale, includendo oneri sociali e indennità medie. Per i costi indiretti si è invece fatto riferimento ai costi reali sostenuti dalle singole regioni, scegliendo poi i valori maggiormente significativi, così come per i materiali sanitari e i costi di struttura. Per le dotazioni tecnologiche è stato preso in considerazione il valore di sostituzione ammortizzato con l’aliquota prevista dal codice civile, per i mezzi di soccorso il valore di costo più elevato approssimato alle migliaia di euro, per rappresentare al meglio i costi di sostituzione che le Aziende devono sostenere periodicamente. I costi generali sono stati valutati, infine, per un ammontare pari al 2,5% dei costi diretti del servizio. Lo studio ha evidenziato una struttura organizzativa decisamente labour intensive, in cui il costo del personale rappresenta la componente largamente più onerosa, oscillando tra il 75 e l’89% dei costi totali. Ne consegue una grande rigidità della struttura di costo, poiché, come noto, le spese per il personale sono difficilmente comprimibili, soprattutto in un arco di tempo breve.

L’analisi degli scostamenti: con il blocco del turn over salgono i costi. Risparmi dalle centrali di acquisto

Una volta determinati i costi standard, la ricerca li ha applicati ai prodotti e ai servizi effettivamente presenti in ogni singola organizzazione, con una simulazione che ha permesso di stimare il valore di costo complessivo che ogni realtà avrebbe dovuto riscontrare. I risultati hanno permesso di evidenziare come differenti scelte sull’organizzazione del servizio a livello regionale, così come differenti impostazioni a livello aziendale, ad esempio sulla composizione del personale a bordo delle ambulanze, condizionino i costi del servizio 118. I costi standard individuati hanno quindi rappresentato un punto di riferimento per valutare l’efficienza delle aziende e un tetto massimo con cui confrontare i costi rendicontati dai fornitori, nonché la compatibilità economica del servizio con i vincoli di bilancio imposti a livello regionale e nazionale.

Tra i fattori che pesano maggiormente sui costi sostenuti dalle regioni, in prima posizione figurano quelli legati al personale, a causa della loro incidenza sulla spesa totale. In particolare, il blocco del turn over, aumentando l’anzianità media di servizio e obbligando a ricorrere a straordinari e turni aggiuntivi, fa aumentare sensibilmente i costi dovuti a stipendi e indennità. Altra causa del mancato ricambio è l’utilizzo di personale non dipendente, con formule come il sistema premiante e l’impiego di specializzandi, che fanno lievitare i costi. Tra gli elementi di risparmio, invece, come è ovvio, l’impiego di personale volontario e della Croce Rossa Italiana. Gare uniche aziendali per gli acquisti e la manutenzione e l’utilizzo di centrali di acquisto regionali e nazionali aumentano l’efficienza del servizio e generano economie di scala, abbattendo così i costi.

I risultati dello studio vogliono in primo luogo offrire un’occasione di dibattito e confronto sui diversi sistemi regionali di soccorso, grazie all’analisi esaustiva delle modalità organizzative delle realtà che hanno partecipato. La metodologia predisposta dal gruppo di lavoro, composto da oltre quindici tra professionisti e ricercatori, può essere utilizzata, inoltre, da altre Regioni o Aziende per calcolare i costi dei servizi offerti e paragonarli con quelli individuati dalla ricerca, rappresentando così un utile strumento di benchmarking, cioè di confronto, che permetta risparmi reali senza dover intervenire con tagli lineari che minano la qualità del servizio. Obiettivo del Laboratorio è ora quello di ampliare lo spettro di analisi per includere la spesa per le stesse Centrali Operative e il servizio di elisoccorso, individuando anche per questi ultimi i migliori costi operativi, così da analizzare il sistema dell’emergenza-urgenza nella sua interezza”. Il servizio di soccorso 118, infatti, pur assorbendo solo l’1,5% delle risorse destinate alla sanità pubblica nel nostro Paese riveste particolare importanza sia per la sua rilevanza mediatica, in grado di condizionare fortemente l’immagine complessiva di un Sistema Sanitario, sia per le sue caratteristiche di garanzia universale e tempestività di intervento, indispensabili per garantire un servizio equo e per tutti. In tempi di spending review si parla sempre più di riorganizzazioni e accorpamenti. La creazioni di reti e processi trasversali realizzata nei sistemi di emergenza e messa in luce dalla nostra ricerca può rappresentare la chiave di volta per coniugare i risparmi con la qualità e l’universalità dei servizi. Speriamo che questo modello, grazie anche alla valutazione del costo standard per singolo servizio frutto della ricerca, possa rappresentare un utile benchmark a disposizione di attori e professionisti della sanità italiana nel suo impegno costante per “fare meglio con meno”.

via www.quotidianosanita.it

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